Aldini Antonio

Consistenza: n.8 capsule + 1 scatola con miscellanea di documenti

Inventario: SE 5588, 5589, 2842 (disponibile un breve elenco descrittivo)

Collocazione: trasferito dal febbraio 2015 alla Sez. Archivio Storico – Via Galliera, 3

Consultazione: rivolgersi a bub.archiviostorico@unibo.it

Provenienza: Biblioteca di Storia Economica e Sociale. Acquistato dal Prof. L. Dal Pane in antiquariato

Notizie biografiche su Antonio Aldini

Nasce a Bologna il 27 dicembre 1755 da Giuseppe e Caterina Gallonai sorella di Luigi Gallonai. Laureatosi In Utroque Iure nel 1773, l'anno dopo fu nominato, presso l'Università di Bologna, lettore di diritto naturale e delle genti, poi di diritto civile, e dal 1786 di diritto pubblico.

Divenuto nel frattempo coadiutore di I. Magnani nella carica di "difensore dei rei", assunse nel 1796 la difesa di G. De Rolandis e di L. Zamboni, dopo il fallito tentativo giacobino. Guadagnatasi, in tale occasione, grande popolarità, se ne giovò all'arrivo dei Francesi, nel giugno del 1796, per assumere una posizione politica preminente. Poco dopo, infatti, il senato provvisorio bolognese lo invitò a Parigi insieme con L. V. Salvioli, G. Conti e S. Bologna, per perorare presso il Direttorio la causa dell'unione delle province occupate dai Francesi: ma il Direttorio non si dimostrò favorevole.

Tornato in patria, l'Aldini partecipò al congresso delle città e dei territori di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio nell'ex capitale estense e, subito dopo, venne nominato presidente del primo congresso della Confederazione Cispadana, tenuto a Modena (ottobre 1796), ove fece prevalere il principio di unione federale su quello municipalistico. Eletto deputato a Bologna, presiedette i comizi elettorali riuniti nella chiesa di S. Petronio, nel corso dei quali, il 4 dicembre 1796, fu approvata la costituzione democratica bolognese.

L'Aldini ebbe pure una parte di rilievo al secondo congresso cispadano di Reggio e Modena (dicembre 1796 - marzo 1797), riunitosi per sostituire alla confederazione una repubblica unitaria, nella quale fosse compresa anche la Lombardia. Fautore, insieme con N. Fava e G. B. Gavazzi, dell'immediata fusione della Cispadana con la Cisalpina in un unico stato nazionale, rimase per qualche tempo in disparte dalla vita pubblica quando quel programma fu accantonato: vi si riaffacciò allorché le Legazioni vennero riunite anch'esse, dopo Reggio, Modena, ecc., alla Cisalpina (luglio 1797). Fu infatti chiamato dal Bonaparte a far parte dei comitati riuniti di questa, e poi del Corpo Legislativo del Consiglio dei seniori, assumendo, nello stesso tempo, il difficile incarico di commissario ordinatore dei paesi della Valtellina aggregati alla Repubblica.

Nel febbraio 1798, eletto presidente dei seniori, si oppose alla ratifica del trattato di alleanza proposto dalla Francia alla Cisalpina, e fu costretto a lasciare nuovamente la vita politica. La reazione del 1799 non lo molestò. Rioccupata l'Italia settentrionale dal Bonaparte nel 1800 e risorta la Cisalpina, l'Aldini fu nominato membro della commissione straordinaria di governo. Nel 1801 fu, insieme con il Serbelloni, inviato straordinario a Parigi, dove già si trovavano il Marescalchi e il Melzi, per trattare con il primo console il ritiro delle truppe Francesi dal territorio Cisalpino e l'approvazione di un progetto di costituzione. Si recò poi alla Consulta di Lione, dove ebbe la presidenza della seconda sezione, incaricata degli affari bolognesi e romagnoli.

Nel corso dell'elezione del presidente della Repubblica Italiana, il nome dell'Aldini fu votato al secondo scrutinio dalla maggioranza dei membri della commissione incaricata della designazione.

Rifiutata la presidenza, Aldini divenne membro del Corpo Legislativo, di cui fu la personalità di maggior rilievo: ma nel 1803, in seguito a un contrasto personale con il Melzi, l'Aldini fu destituito dal suo posto. Si ritirò allora di nuovo per qualche tempo a vita privata.

Ma con la creazione nel 1805 del Regno d'Italia e dopo aver ricoperto altre cariche minori, l'Aldini divenne segretario di stato residente a Parigi e ricoprì questo ufficio fino alla fine del Regno. In tale qualità, legato da amicizia a  Napoleone e interprete degli ordini dell'imperatore, divenne suo ascoltato consigliere per le cose d'Italia, contribuendo molto alla formazione e allo sviluppo dei nuovi e più moderni ordinamenti giuridici e amministrativi. Inoltre, non abbandonando la sua primitiva idea di uno stato nazionale quanto più possibile esteso nella penisola, si batté per l'unione delle Marche, e poi di Roma e dell'Umbria al Regno Italico.

Nel 1814, caduto Napoleone, l'Aldini si recò, insieme col Berni degli Antoni, a difendere gl'interessi di Bologna al congresso di Vienna, tentando invano d'impedire la restituzione della città al dominio pontificio presentando al Metternich, nel maggio 1815, un progetto di governo autonomo per le Legazioni.

Ritiratosi dapprima a Milano e rientrato poi a Bologna, l'Aldini visse l'ultimo periodo della sua vita in disparte, amministrando l'ampio patrimonio immobiliare che si era da tempo costituito. Benché tenuto in sospetto dal governo austriaco e da quello pontificio, quest'ultimo gli conferì l'incarico di dottore aggregato al collegio legale dell'Università di Bologna e quello di membro della commissione dei lavori del Reno, dei quali in passato si era già interessato. Morì a Pavia il 30 settembre 1826.